Oggi si festeggia l’Europa. Simbolicamente questa ricorrenza è collocata nel giorno della dichiarazione resa da Robert Schuman, Ministro degli Esteri francese, il 9 maggio 1950. Da quel momento partì il processo che, con grande fatica, alti e bassi, accelerazioni e frenate, ha dato il via al più grande esperimento istituzionale della storia umana. Mai prima di allora, nazioni che si erano combattute sin dalla loro nascita, avevano provato a mettere in comune, pacificamente, attività, mercati, frontiere, politiche e moneta.
Un “sogno politico, culturale ed economico” che a distanza di settantaquattro anni appare incompiuto da un lato, ma già straordinariamente riuscito dall’altro. Alla lungimiranza di quel progetto, che abbiamo co-fondato, dobbiamo molto: pace, prosperità, crescita economica, libertà di movimento, diffusione dello Stato di diritto, diffusione del welfare. Molti Paesi e milioni di persone, che sono fuori dall’Europa vogliono entrarvi per beneficiare di tutto questo. Molti europei ne sono invece insoddisfatti fino a desiderarne la dissoluzione.
Il nostro debito con l’Europa e con i padri fondatori, italiani ed europei, non è stato saldato. La cosa che più mi colpisce nei lunghi giri che faccio per l’Italia in occasione della campagna elettorale è la diffusa ignoranza su che cos’è l’Unione Europea. Ad esempio, spesso ci riferiamo quasi sempre all’Europa in modo indistinto, imputando all’Unione ciò che gli Stati nazionali non consentono di conseguire.
La prima cosa che dovremmo fare per prenderci cura dell’Europa è raccontarla ai suoi cittadini.
CARLO CALENDA