L’abbiamo incontrato attorno ai 2200 metri di quota, lungo il percorso che dal rifugio Grassi si inerpica verso il Pizzo dei Tre signori. Un cespuglietto dai colori delicati ma decisi; una piccola esplosione floreale quasi sepolta dall’erba sottile e semi rinsecchita dei duemila metri. Era la fine di agosto e l’aria era frizzante ma lei, l’Euphrasia alpina, sembrava trovarsi perfettamente a suo agio. Le caratteristiche curative di questa essenza vegetale riguardano esclusivamente la farmacopea popolare antica e fanno riferimento a proprietà astringenti, diuretiche, digestive e vulnerarie.
Pare infatti che un tempo venisse usata per curare tagli e ferite poiché si riteneva possedesse capacità emostatiche e battericide. Esistono moltissime varietà di Euphrasia sulla cui classificazione il dibattito fra i botanici è ancora aperto. Il fiore, che cresce in particolare al centro-nord oltre i 1600 metri, è considerato raro dato che è diffuso solo sulle Alpi occidentali (Wikipedia docet). È stato l’onnipresente Linneo a chiamarla Euphrasia per derivazione da un termine greco che significa allegria, gioia. Però l’appellativo potrebbe anche trarre origine dal nome di una delle (innumerevoli) figlie di Zeus: Eufrosine. Ma come spesso accade, le etimologie vanno considerate solo come ipotesi onomastiche più o meno attendibili..