L’ambiente storico della “Monaca di Monza”

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Anche se davanti a un pubblico molto limitato, molto interessante l’esposizione di Beppe Roncari del suo secondo volume “Engagged“, incentrato, sia pure in forma “fantasy”, su alcune figure storiche, come la “Monaca di Monza”, Suor Virginia de Leyva, appartenente a una potente famiglia feudataria della città di Monza, e i personaggi che le stavano attorno.

Nella sua prima versione del romanzo, il “Fermo e Lucia“, ambientato negli anni 1628-1630, Manzoni era stato in realtà più prodigo di informazioni sull’ambiente storico in cui la narrazione si svolgeva, senza dimenticare che per lo scrittore lecchese “I Promessi Sposi” erano indivisibili dalla “Storia della Colonna Infame”, entrambi debitori al “De Peste” del medico Giuseppe Ripamonti.

Roncari cerca quindi di approfondire le relazioni tra Suor Virginia de Leyva, costretta da suo padre suo malgrado a farsi suora (famosissime le pagine in cui Manzoni illustra il suo dramma), il tentatore diabolico Gian Paolo Osio, chiamato nel romanzo Egidio (a cui “la poveretta rispose”) ma anche la figlioletta di tre anni, che non si sa che fine avesse fatto dopo che la notizia era diventata di dominio pubblico.

Ma anche il terribile Innominato, detto anche “il Conte del Sagrato” (chiamato così perché usava ammazzare le sue vittime nei Sagrati delle chiese, dopo la Messa) che in realtà era Francesco Bernardino Visconti, discendente della casa Ducale, che dopo essere stato bandito per i suoi crimini si recò appunto nel castello sopra Calolziocorte, in una zona particolarmente amata dai briganti perchè al confine sull’Adda tra lo stato milanese e quello veneziano (una zona con scarsi controlli).

Roncari quini si sofferma sui legami tra i vari personaggi, esponenti di spicco di una società fortemente elitaria, quella spagnola dell'”Ancien Regime”, in cui erano molte le connivenze non pubbliche.
Come ad esempio l’Arcivescovo di Milano Federigo Borromeo, grande persecutore di Streghe, e il Conte Governatore Acevedo de Fuentes (il fondatore della importantissima postazione militare a Colico nel 1602), che detestava il Visconti.

Il Conte di Fuentes fa innalzare una «Colonna Infame» al posto delle case dell’Osio, che vengono distrutte, con sopra una statua della Giustizia.
La statua viene danneggiata da ignoti pochi mesi dopo sollevando le ire del Fuentes (Grida del 23 maggio 1609).
Il 20 giugno 1608 la madre dell’Osio, Sofia Bernareggi, di 84 anni, chiede al Senato di ricevere una sovvenzione sui beni confiscati. Le danno invece una fideiussione per 50 scudi.
La Colonna viene infine tolta il 13 maggio 1613. Il campo era diventato un ritrovo di giocatori di «ballone, palla e pallamaglio» che infastidivano le monache scavalcando spesso il muro per recuperare palle e palloni.

La povera Suor Virginia si fa 13 anni da “murata viva” in carcere, ma poi ne esce sostanzialmente “redenta”, grazie a una “supplica” rivolta al Cardinale Borromeo, e vivrà ancora per parecchi anni , mentre Osio era stato condannato al rogo come “untore”, quando entra in campo il Cardinale Pompeo Arrigoni (discendente da una importante famiglia introbiese), alto esponente del Tribunale dell’ Inquisizione.

Insomma una storia molto complessa, che nel romanzo viene solo in parte adombrata, e su cui Roncari esprime alcune considerazioni sicuramente interessanti.

Tornerà probabilmente in Valsassina (ce lo auguriamo) sia per incontrare gli alunni delle Scuole Medie, sia per la locale Università della Terza Età.

Enrico Baroncelli

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