Ripubblico l’articolo già pubblicato nel 2021 su valbiandino.net
Ricordo che di Mario Cerati ne parleremo nell’incontro che ci sarà mercoledi 24 marzo presso la Comunità Montana, all’interno delle iniziative della Università della Terza Età Valsassina
Ci sono uomini, in realtà non molto conosciuti, che hanno attraversato in pieno non solo la storia locale, ma quella con la S maiuscola. Ne
è un esempio Mario Cerati di Introbio, classe 1914, di cui il 3 Novembre ricorre il 10* anniversario dalla scomparsa (morto a 97 anni il 3 Novembre 2011).
Mario era nato a Introbio, presso la casera gestita da suo padre, vicino a quella dei più noti Cademartori, oggi ristrutturata e sede della Gildo Ciresa. Da ragazzo frequentò l
‘allora nuovo Istituto di Ragioneria “Giuseppe Parini“, fondato nel 1908 a Lecco, e che durante il Fascismo occupava la sede in Via Ghislanzoni al posto di quella che era stato il primo domicilio della Camera del Lavoro, fondata nel 1901 (in anni pi
ù recenti sede della Scuola Media Tommaso Grossi, e poi del Liceo Classico, per intenderci).
Mario ci mise un anno in più per diplomarsi, per un motivo di salute:" Prendevo tutti i giorni la corriera per andare a Lecco" - ci ha raccontato nelle sue memorie che pi
ù volte abbiamo registrato.
“Un giorno venne una nevicata così intensa (prima del riscaldamento globale a volte a Introbio cadevano metri di neve !) che rimasi quasi sepolto sulla strada nell
‘ aspettare la corriera. Mi presi una polmonite che durò diverse settimane e persi l
‘anno scolastico”.
Riuscì però a diplomarsi e pochi anni dopo, dato che era bravo a giocare a calcio, venne chiamato dalla Calcio Lecco come attaccante di punta, dal 1933 al 1937. "Riuscir
à Mario Cerati a segnare goal ?” si chiedevano ogni domenica i giornali dell’ epoca, La Prealpina, Il Resegone, e altri giornali locali. Di goals in realt
à ne segnò parecchi, mentre nel resto della settimana lavorava ai formaggi con suo pap
à.
Poi partì per soldato, subito prima che anche l
‘Italia fosse coinvolta nella tragica II Guerra Mondiale.
“Destinazione l`Albania, Tirana, allora appena diventata italiana: Mussolini stesso venne a ispezionarci in sella ad un cavallo prima di lanciarci contro il Montenegro. Una pagliacciata a uso dei fotografi”.
La guerra andò subito male: iniziata il 28 Ottobre del 1940, come fosse stata una passeggiata ai Fori Imperiali per celebrare l
‘anniversario della Marcia su Roma, vide un’imprevista fortissima resistenza da parte dei Greci, che in poche settimane ricacciarono l
‘Esercito Italiano al punto di partenza, e anche più indietro in Albania. Il freddo novembrino e poi invernale sugli aspri monti ellenici, che caus
ò il congelamento agli arti di molti Alpini commilitoni di Mario, dimostrò subito ai soldati la pessima organizzazione, al di là
delle dichiarazioni roboanti, dell`Esercito “imperiale”.
Vari furono i fronti di guerra in cui Mario, prima Tenente e poi Capitano degli Alpini, venne impegnato fino al 1943: la Jugoslavia, anche qui una guerra terrificante che vide degli eccidi da una parte e dall’altra, la Francia, che rappresent
ò invece un periodo di tranquillità, la Resistenza Francese guidata da De Gaulle si fece sentire solo negli ultimi anni dell
‘occupazione tedesca, dal 1940 al 1944 , e infine l’Alto Adige, dove Mario faceva l
‘istruttore delle giovani reclute.
“Riuscii per fortuna a evitare la Russia !”.
L’ 8 Settembre del 1943 ,la data che segn
ò effettivamente “la fine della Patria”, Mario fu testimone di scene apocalittiche.
“Ufficiali che piangevano, altri che si toglievano la divisa e la buttavano letteralmente alle ortiche, altri che bruciavano i documenti nel loro ufficio, soldati che fuggivano: era il caos piu` totale, nessuno sapeva che cosa fare”.
Mario decise di non stare ad aspettare che arrivassero i Tedeschi a prelevarli e a portarli in Germania, nei campi di concentramento.
“Presi una bicicletta, vestito anch’ io da civile, e con un viaggio di tre giorni, pedalando soprattutto di notte per non farmi vedere, riuscii a ritornare a Introbio". Si ferm
ò solo a Bassano del Grappa, vicino al famoso ponte, per vedere sfilare le truppe germaniche che accorrevano a invadere l’Italia :" Quanti erano ! - fu il suo pensiero - la sfilata delle truppe non finiva pi
ù !”.
Ritornato finalmente a casa, dovette anche lui fare una scelta che segnò un'
intera generazione: “O di qua o di là”, l’Editto del Maresciallo Graziani non lasciava scelta. L
‘ Esercito della Repubblica Sociale Italiana era stato costituito, e tutti gli ex militari, oltre ai giovanissimi del 1922-23 e 1924, dovevano parteciparvi, pena la fucilazione.
“Io in Russia non ci vado” fu il pensiero di Mario e di molti giovani ed ex soldati, posti di fronte a una tragica scelta. Mario scelse allora la montagna: sulle valli di Introbio, la Val Biandino, si ritrovarono tanti che decisero di non aderire alla nuova Repubblica Fascista. Molti di loro lasceranno la vita nei rastrellamenti e fucilazioni avvenute soprattutto nell`autunno e nel Dicembre del 1944, ma intanto nasceva la Brigata Rosselli.
Mario partecipò alla Resistenza, in particolare all
‘attacco fallito contro la Caserma di Ballabio, che costò la vita a un giovane partigiano, Ambrogio Confalonieri di Brugherio. L
‘inverno 1944-45 fu durissimo:”Il grosso della Brigata era fuggito in Svizzera attraversando la Val Biandino e la Val Gerola, io decisi pero` di rimanere a osservare cosa succedeva in Valsassina, dormendo spesso sotto la neve e cercando di sopravvivere come si poteva”.
Poi venne il 25 Aprile, la fuga dei Tedeschi, Mario fu inviato a Mandello a trattare la resa delle truppe germaniche, quindi ci furono la cattura di Mussolini a Dongo e la sua fucilazione.
Ma la guerra per Mario non era ancora finita:”Il Comando partigiano mi dette un ultimo ordine, ma terribile: dovevo presiedere il Tribunale che doveva giudicare i reati dei Fascisti della GNR (Guardia Nazionale Repubblicana). Nel caso di reati più gravi dovevo inviarli a Monza" (qualcuno di loro venne fucilato dai Partigiani). La sede del Tribunale partigiano era proprio nella sua ex scuola, in Via Ghislanzoni: "Stavo nell
‘ufficio del Preside -ricordava divertito Mario – accanto a me due segretarie che stenografavano i verbali di interrogatorio”.
Questo delicato incarico ebbe pero` conseguenze pesanti: ” Una sera, mentre ero a Introbio e stavo per tornare a casa, alcuni parenti dei Fascisti condannati mi minacciarono di morte: “te la faremo pagare, sei tu il responsabile”.
Mario prese molto sul serio quelle minacce: per molti anni si trasferì dalla sua amata Introbio nella provincia milanese, a Legnano, dove trov
ò lavoro in una ditta di chimica (“facevamo i sedili per la Fiat 600”) mentre sua moglie, esperta in Lingue, faceva da traduttrice per gli Americani.
Tornato poi a Introbio negli ultimi suoi anni, per celebrare il 25 Aprile per conto del Comune, chiamato dal Sindaco Eusebio Marconi, nessuno più di lui ne era degno, quando mor
ì sulla sua bara era posto l’inseparabile Cappello degli Alpini. Cosi
lo vogliamo ricordare, un grande personaggio che merita una lunga memoria !
Enrico Baroncelli