Alcuni la chiamano fusaggine. Altri evonimo. Per i botanici è Euonymus europaeus. È molto difusa dalle nostre parti dove si mette in mostra (soprattutto nel tardo autunno) per i suoi bellissimi frutti rosso carminio che dopo l’apertura espongono un seme rotondo simile ad una piccola sfera di corallo arancione vivo. Fra le essenze cespugliose è forse la più resistente al freddo.
In primavera appare come una pianta anonima dai piccoli fiori bianchi. Ma all’apparire dei primi freddi, quando le ombre si allungano sul paesaggio autunnale, la fusaggine sembra rinascere a nuova vita con sorprendente e inconfondibile metamorfosi cromatica. È più nota, la fusaggine, con l’appellativo popolare di “berretta del prete” a causa della forma tetralobata del frutto chiuso che ricorda da vicino il copricapo usato fino ad alcuni decenni fa dai sacerdoti cattolici.
Un tempo il legno di questa essenza vegetale trovava impiego in ebanisteria e nei lavori di intarsio oltre che in liuteria e spesso veniva utilizzato anche per produrre le forme per i panetti di burro, aghi da maglia, stuzzicadenti ed altri piccoli oggetti di uso comune. Ancor’oggi questo legno viene carbonizzato e lavorato per produrre bastoncini per il disegno a carboncino. Ma se vi imbattete nei grappoli rosso fiamma della fusaggine limitatevi ad ammirarla e non toccatela né, soprattutto, assaggiatene le bacche. Si tratta infatti di una delle specie vegetali nostrane più tossiche, addirittura mortali.