Un’indagine della CISL sulle spese sanitarie

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Servizio Sanitario in Lombardia: un’indagine rivela che 6 iscritti alla CISL su 10
rinunciano alle cure. La prima causa sono i tempi d’attesa

Presentata il 27 Giugno a Milano i risultati dell’indagine condotta tra gli iscritti
CISL, “Servizio Sanitario in Lombardia” curata da BiblioLavoro, il centro studi del sindacato.

“Il dialogo costante con i nostri iscritti è la linfa vitale che alimenta il nostro sindacato – commenta Fabio
Nava
, segretario generale aggiunto CISL Lombardia – Un confronto continuo che ci permette di costruire
un’organizzazione che vuole mettere le persone al centro, rappresentandole e tutelandole con la massima
efficacia, partendo proprio dal loro attento ascolto. Negli ultimi anni, dai diversi territori lombardi abbiamo ricevuto numerose segnalazioni e richieste relative al tema della sanità. La gente ne parla, le persone ne parlano, e in questo continuo parlarne ognuno costruisce una propria opinione, un proprio punto di vista, un proprio schema di priorità e necessità. Le liste d’attesa, in particolare, sono emerse come una delle criticità più sentite dai cittadini. Per questo, forti delle esperienze passate, ci siamo convinti della necessità di utilizzare lo strumento della survey on line per raccogliere in maniera strutturata le valutazioni degli iscritti della Cisl Lombardia”.

“L’indagine ci ha permesso di ottenere un quadro chiaro e strutturato delle criticità vissute dai nostri iscritti, fornendoci dati concreti e attendibili da utilizzare durante i confronti ai tavoli regionali dandoci la possibilità di formulare proposte sindacali concrete e incisive – aggiunge Roberta Vaia, segretaria regionale CISL Lombardia – La risposta dei nostri iscritti è stata, come sempre, straordinaria. Ben 11.520 associati hanno partecipato alla survey, garantendo un’analisi dettagliata delle problematiche legate all’accesso alle cure sanitarie in Lombardia. I dati raccolti evidenziano rinunce alle cure a causa di tempi di attesa troppo lunghi, difficolta nell’accesso a visite specialistiche, esami diagnostici e ricoveri oltre a carenze nell’assistenza domiciliare integrata.

Questi dati rappresentano un patrimonio prezioso per il nostro sindacato. Li
utilizzeremo con forza per portare avanti le nostre proposte a favore di un sistema sanitario lombardo più
efficiente, equo e accessibile a tutti i cittadini. L’impegno della CISL Lombardia per la tutela del diritto alla
salute non si ferma qui. Anche perché, quando la risposta del Servizio Sanitario ai bisogni di salute non
garantisce a tutti che i tempi d’attesa della presa in carico siano adeguati al migliore esito clinico del
percorso di cura, la scelta del luogo e dei professionisti sanitari da parte delle persone non può essere
considerata libera. Infatti, la principale motivazione che ha spinto gli intervistati a preferire prestazioni a
pagamento non è stata la libera scelta sul «dove» e «da chi» farsi curare, ma una scelta “obbligata”.
Continueremo quindi a monitorare la situazione con attenzione e a promuovere iniziative concrete per
migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria in Lombardia”.
Ecco le principali evidenze dell’indagine* presentata da Francesco Girolimetto, direttore BiblioLavoro.

La rinuncia alle cure
Oltre sei rispondenti su dieci hanno rinunciato (“qualche volta” o “spesso”) nel corso dell’ultimo anno alle
cure. Solo un intervistato su cinque con redditi oltre i 50.000 € ha rinunciato alle cure, a fronte della
rinuncia a curarsi di due rispondenti su tre in famiglie con redditi inferiori a 15.000. I tempi d’attesa sono il
principale motivo della rinuncia alle cure. Quasi un intervistato su due ha rinunciato alle cure per ragioni
economiche e oltre quattro su dieci per ragioni legate alla scomodità fisica o organizzativa delle strutture
sanitarie.
Le prestazioni sanitarie (visite e/o esami) tra pubblico e privato
Otto intervistati su dieci hanno effettuato nell’ultimo anno almeno una visita specialistica. Sei visite
ambulatoriali su dieci sono state erogate in strutture private. Oltre la metà degli intervistati ha usufruito di
viste specialistiche a pagamento. Fra quanti hanno fatto prestazioni ambulatoriali a pagamento, otto su dieci si sono avvalsi di strutture private (solo private o private convenzionate), la restante parte ha usufruito di prestazioni in libera professione (a pagamento) nelle strutture pubbliche. Analogamente, tra chi ha effettuato almeno un esame nel 2023, uno su tre si è rivolto a strutture private convenzionate con il Servizio Sanitario e quasi uno su quattro ha svolto esami in strutture private. Complessivamente, fra quanti hanno fatto prestazioni di diagnostica strumentale a pagamento più di otto su dieci sono ricorsi a strutture private.
I ricoveri
I ricoveri hanno interessato poco più del 10% degli intervistati. Sette ricoveri su dieci sono stati fruiti in
strutture pubbliche. I ricoveri in struttura privata convenzionata in regime di SSN sono stati il 24,7%, il 4,5% sono stati ricoveri a pagamento in struttura privata.

I tempi d’attesa (visite, esami, ricoveri)
Il tempo massimo d’attesa previsto dal codice di priorità indicato nell’impegnativa dal medico non è stato
rispettato in quasi la metà delle visite di specialistica ambulatoriale con priorità U (urgente); per le altre
priorità B (breve) e D (differibile) il mancato rispetto del tempo d’attesa è stato superiore nel 40% dei casi. I tempi massimi d’attesa nel 44,5% degli esami indicati come urgenti non sono stati rispettati. Per gli esami con priorità di 10 giorni e per quelli con priorità di 60 giorni, l’erogazione è stata successiva, rispettivamente, nel 40,3% e nel 18,0% dei casi. Nei ricoveri programmati il 74,5% ha rispettato le classi di priorità, uno su quattro no. Il tempo d’attesa in Pronto soccorso tra la presa in carico del paziente e il ricovero in reparto è stato in media di otto ore, con picchi fino a 48 ore.

La cronicità e le cure domiciliari
Più della metà degli intervistati ha almeno una patologia cronica. Un intervistato su cinque ha due o più
cronicità. Tra i pazienti con malattie croniche, la rinuncia alle cure è numerosa: circa una persona su due ha rinunciato a curarsi per scomodità delle strutture o per ragioni economiche, mentre due persone su tre hanno rinunciato a causa dei tempi di attesa. Hanno fatto ricorso a misure di assistenza domiciliare integrata il 7,2% degli intervistati: di questi, nove su dieci hanno attivato l’ADI per un familiare. Solo il 2,1% dei soggetti con 3 o più patologie croniche ha dichiarato di aver attivato l’assistenza domiciliare.
L’assistenza domiciliare è stata prevalentemente attivata attraverso il medico di famiglia in più di sette casi su dieci, nel resto dei casi si è trattato di una dimissione protetta all’esito di un ricovero. I giudizi degli intervistati che hanno usufruito di un percorso di cure domiciliari, pur essendo nell’insieme piuttosto positivi, sono critici riguardo ai tempi di attesa.

La spesa della famiglia per le prestazioni sanitarie
Il valore medio della spesa per l’assistenza sanitaria di ogni famiglia cresce all’aumentare del reddito e
all’aumentare dell’età. La spesa media nel 2023 per visite, esami e ricoveri è stata pari a 951 euro, mentre
quella riguardante le altre spese sanitarie (farmaceutiche, odontoiatriche, fisioterapiche, ecc.) è stata di
1.184 euro.
*La survey si riferisce a dati 2023, è costituita da 60 domande, ed è stata organizzata sulla base di 7 aree
tematiche:

  1. Informazioni socio-demografiche degli intervistati
  2. Rinuncia alle cure
  3. Cronicità
  4. Esperienze e criticità nell’esecuzione di visite specialistiche ambulatoriali
    ti. Esperienze e criticità nell’esecuzione di esami
  5. Esperienze e criticità nell’esecuzione di ricoveri programmati e Pronto soccorso
  6. Esperienze e criticità legate all’Assistenza Domiciliare Integrata

Alessia Riva
Ufficio Stampa CISL Lombardia

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