Una vera e propria “intelligenza collettiva” , da cui gli uomini avrebbero tanto da imparare: questo il fantastico mondo delle api delineato ieri all’Università della Terza età dal dott. Maurizio Ghezzi (che sulla sua esperienza ha pubblicato un bel libro edito da Edizioni Apinsieme).
Una società organizzatissima, in cui ognuno ha il suo compito specifico e il suo ruolo, per garantire il benessere comune.
Ogni arnia è un mondo a parte: esiste l’APE REGINA, che deve essere solo una per tutta la “casa” , e che però è comandata dalle “api operaie”.
“Si tratta di una monarchia proletaria ” (una frase che farebbe felice Carlo Marx e i fondatori della teorie socialiste) “in cui sono le api operaie (che possono arrivare a ben 40-50.000 per arnia) a far fare all’ Ape Regina quello che vogliono. Esse vivono solo 40-45 giorni, si nutrono di miele comune , mentre l’ape regina vive anche 5 anni perché si nutre solo di ‘pappa reale'”.
I primi 20 giorni di vita le api stanno nell’alveare, un “super organismo” formato da tanti esagoni proprio per risparmiare sulla cera : ogni parete di una cella è in comune con le altre celle.
“Poi appena sono cresciute escono e fanno un primo giro esplorativo, in cui prendono le coordinate (proprio come un gps) del loro alveare, e quindi cominciano a partire in cerca di fiori, anche a una distanza di 3 chilometri, Sanno dove tornare proprio in base alle coordinate”.
Dicevamo che ogni ape ha il suo ruolo: ci sono le “api spazzine” , che puliscono l’alveare da elementi estranei e anche dai cadaveri di api morte, le “api guardiane e sentinelle”, che stanno in guardia all’ingresso per segnalare eventuali pericoli, le “api bottinatrici”, che vanno a raccogliere il polline sui fiori, poi i fuchi, che si accoppiano con l’Ape Regina per darle i semi che feconderanno in tantissime uova, ma che dopo l’accoppiamento perdono il pungiglione e muoiono.
La cosa più interessante è che le api comunicano tra di loro, tramite soprattutto dei voli a cerchio oppure a otto , come ha scoperto Karl Von Frisch, che ha conquistato il Premio Nobel nel 1972 proprio per questa sua ricerca.
Quando poi l’alveare diventa troppo grande e numeroso, si crea una nuova APE REGINA, che porterà con sé altre api, dopo aver accuratamente individuato un posto adeguato, preferibilmente in un incavo di un albero, nel nuovo alveare (oppure se ne va la vecchia ape regina con le sue “fedelissime” !).
La “sciamatura” delle api è preceduta da un canto in Sol Diesis, che preannuncia la divisione del vecchio alveare (che può essere risolta anche da una lotta tra le api regine, che però di solito viene diplomaticamente evitata).
Insomma un mondo eccezionale e interessantissimo, che i soci dell’Unitre ( e non solo loro ,c’erano anche diverse persone interessate all’argomento) hanno seguito con estremo interesse: è probabile che dopo di ciò nuove arnie nasceranno in Valsassina, il dott. Ghezzi tiene dei corsi specifici di più lunga durata per chi volesse cimentarsi in questa bellissima esperienza .
Enrico Baroncelli
