Due cose mi preme sottolineare, uscite dall’incontro di ieri sulla guerra russo-ucraina, al di là del resoconto storico ( e letterario) individuato in modo come al solito eccellente dalla nostra carissima socia Francesca Magni.
Due elementi di riflessione che sono evidenti nei resoconti, praticamente in diretta, del bravo reporter originario di Barzio Vittorio Nicola Rangeloni il quale, sia pure da posizioni un po’ troppo filo russe però nei suoi resoconti video pubblicati su Youtube fa emergere in tutta la sua crudezza l’orrore della guerra.
Due tra i tanti video che Rangeloni ha pubblicato in questi ultimi anni mi hanno colpito e ho presentato ieri pomeriggio ai nostri soci: il primo la terribile devastazione della fabbrica di produzione siderurgica Azovstal, a Mariupol, in cui i resistenti ucraini, approfittando dei sotterranei costruiti sotto la fabbrica in età sovietica, sono riusciti a resistere ai cannoneggiamenti dei Russi per mesi, fino alla decisione finale di arrendersi non avendo più scampo.
Ebbene, Rangeloni è tornato sul luogo un anno dopo i terribili scontri: di quella che era una fabbrica enorme, un fiore all’occhiello della produzione siderurgica prima sovietica e poi ucraina, che vendeva ferro in tutta Europa compresa l’Italia, sono rimaste solo macerie. Capannoni distrutti, macchine penzolanti su burroni scavati dalle bombe, un disastro totale.
La domanda spontanea quindi è: chi ripagherà tutto ciò ? Qualcuno sarà mai in grado di rimettere in sesto ciò che una volta funzionava in modo perfetto ? E che cosa ha conquistato Putin con la sua invasione, non solo a Mariupol, ma in tutti i paesi del Donetzk e del Donbass ? Un inutile ammasso di macerie, una serie di paesi distrutti, che nessuno (tanto meno l’economia critica della Russia) avrà i soldi per ricostruire ?
Se volete capire l’assurdità della guerra, andate a Mariupol (dove tra l’altro centinaia di civili sono stati massacrati dalle bombe russe cadute sul Teatro dove si erano rifugiati).
L’altro aspetto che ho voluto sottolineare è il salto di qualità (negativo) provocato dall’uso sempre più intenso dei droni.
Se all’inizio ce n’erano poche migliaia, adesso ne vengono impiegati centinaia di migliaia: sia per ricognizione, per sapere dove sono dislocati i reparti nemici (che a volte non riescono a nascondersi abbastanza bene nei boschi) e poter così dare indicazioni precise per “puntare” i cannoni e l’artiglieria, sia per lanciare direttamente sulle teste dei malcapitati piccole bombe che possono uccidere o fare molto male.
La conseguenza è quindi che nessun soldato può dunque sentirsi mai al sicuro: in qualsiasi momento , sia che tu ti muova a piedi o in auto o su un furgone, il drone ti può colpire e distruggere.
Lo stress dei soldati ( e non solo dei soldati) già alto in una situazione normale, diventa a questo punto altissimo. Il pericolo viene dal cielo (“il cielo sporco” lo hanno chiamato gli Ucraini) è silenzioso e mortale, e tu non sei mai al sicuro.
Ciò sicuramente avrà conseguenze devastanti sulla psicologia dei sopravvissuti: se in passato abbiamo avuto la “Sindrome del Vietnam” , poi la “Sindrome dell’Iraq” o dell’Afghanistan” , non oso nemmeno immaginare le conseguenze di una “sindrome dell’Ucraina”.
L’orrore della guerra non passa tanto facilmente: stiamone lontani finchè possiamo !
ENRICO BARONCELLI